Quando eravamo froci – Gli omosessuali nell’Italia di una volta

In attesa di incontrare Andrea Pini il 
18 aprile alle 18 da Libre!
abbiamo rivolto all’autore di Omocidie Quando eravamo froci. Gli omosessuali nell’Italia di una voltaalcune domande sui motivi per cui ha deciso di scrivere questi libri e sull’attivismo in Italia. Andrea, ci puoi spiegare brevemente come sei arrivato a prendere la decisione di scrivere i tuoi libri? Probabilmente tutto nasce dal mio impegno nel movimento gay. Io sono stato un militante fin dai tempi dell’università, quando organizzavo assieme ad altri un primo gruppo locale gay che si chiamava Collettivo Orfeo. 

Sto parlando di Pisa, del 1979 – di 2000 anni fa insomma. Il mio impegno è nato lì. Ho sempre creduto nellagiustizia, nell’uguaglianza dei diritti e mi sono costantemente impegnato in questa direzione. Ho scritto articoli, lavorato con riviste, ho militato in circoli politici, sono stato fra i fondatori del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. A un certo punto mi è venuto spontaneo provare a cimentarmi con qualcosa di più complesso, come la pubblicazione di un libro. Quanto ritieni sia importante conoscere la realtà storica, che tu racconti nei tuoi libri, per impegnarsi attivamente nella difesa dei diritti LGBT? Attivismo si può fare in tanti modi.


Si può anche iniziare incontrando persone, gruppi, associazioni in maniera molto ingenua, molto semplice, poi necessariamente si impara e si apprende dagli altri. Conoscere bene la propria situazione, la propria condizione è importantissimo, però ci si arriva per gradi. Non tutti devono per forza scrivere libri. Ci sono tanti modi di fare attività politica, di partecipare a un’idea diemancipazione e di libertà. L’importante è essere consapevoli che è fondamentale che ci sia una comunità gay che difende i diritti che non sono mai stati difesi e che se non li difendiamo noi, non li difende nessun altro. Quindi, nonostante quello che dicono in molti, ha ancora senso fare un Pride? Certo che ha senso. 

In particolare in un paese come l’Italia, che è un paese arretrato, un paese fatto di cento città conservatrici, ognuna col suo municipio, con la sua bandiera, ma nelle quali si perdono di vista valori fondamentali come il diritto all’uguaglianza. In Italia non ci sono leggi che eguagliano la vita di una persona omosessuale alla vita degli altri cittadini, siamo ancora cittadini di serie B. Serve, assolutamente. E poi, anche se ci fossero già le leggi, il Pride è sempre importante: ci ricorda che la storia ha degli alti e dei bassi, ha delle punte di crescita ma anche delle punte di sottosviluppo e involuzione spaventose. Può accadere sempre, anche oggi, che ci sia un ritorno all’indietro nel campo dei diritti. I diritti vanno sempre difesi. Bisogna stare sempre all’erta. I Pride servono anche a questo, per stare all’erta e per ricordare agli altri che noi ci siamo e che vogliamo essere parte attiva della nostra società.